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Were women die, I am wide awake. Ovvero, l’arte e la poetica di Jenny Holzer

L’artista americana Jenny Holzer è universalmente riconosciuta come una delle più interessanti nel panorama artistico mondiale contemporaneo. Le sue opere hanno brillato in tutte le maggiori città del mondo, accendendone i luoghi più famosi, con le sue scritte proiettate, distorte, a laser o a LED, col computer. Pioniera per bisogno delle nuove tecnologie, Jenny Holzer le utilizza per creare sempre nuove e suggestive installazioni.

Inizia il suo lavoro a New York, intorno al 1977. Attaccando piccole frasi lunghe una riga nelle metropolitane, nelle cabine telefoniche, nascevano così i “Truism” (luoghi comuni) che ormai la connotano a livello internazionale. Utilizzava frasi sentite, luoghi comuni, che invitavano i passanti a fermarsi e riflettere: una semplice riga di frasi fatte aveva il potere evocativo di una immagine e la possibilità di esser compresa da chiunque si imbattesse in essa.

Tra il 1979 e il 1982 lavorò su manifesti. Invece di piccole frasi, nei suoi lavori di quel periodo troviamo brevi testi strutturati, citazioni di discorsi di personaggi come Hitler, Trotsky o Mao: in “Inflammatory Essays” il messaggio era più articolato e composto, pur rimanendo nascosto all’occhio dei distratti. Sfruttando proprio questo aspetto, che la accomunava alla tecnica di pubblicità nei contesti urbani, riusciva a caricare di violenza le frasi impresse, vuoi su un manifesto, vuoi su pannelli, come nella serie degli stessi anni di targhe appese accanto a quelle di studi medici e gallerie. Non voleva parlare il linguaggio dell’arte, quella chiusa nei luoghi ad essa dedicati, come le gallerie, ma arrivare a chiunque si imbattesse, per caso, in un suo lavoro.

Dal 1982 in poi la sua carriera arrivò a una svolta: iniziando a utilizzare tecnologie avanzate, le frasi adesso apparivano come insegne luminose. Utilizzando i Truism, ma più personalizzati, come la famosa frase “Protect me from what I want” (proteggimi dai miei desideri) inizia a lavorare sui concetti in tesi/antitesi, sempre con parole ormai scritte in insegne luminose che riuscivano a catturare la vista più delle piccole frasi stampate con le quali aveva iniziato a lavorare. Il pubblico diventa più vasto, le opere più esplicite e visibili, la forza dirompente dei suoi messaggi esplode.

Durante tutti gli anni ’80 Jenny Holzer divide il suo lavoro in due filoni: con la serie “Survival Series” continua la sua ricerca con pannelli luminosi, utilizzando frasi sempre più complesse e aggressive, capaci di stimolare il proprio pubblico, come nell’invito “Go where people sleep and see if they’re safe” (và dove dormono le persone e vedi se sono al sicuro), ma continua a cercare di utilizzarle al di fuori delle gallerie, dove il pubblico è selezionato (dall’ambiente culturale, dall’approccio mentale). Contemporaneamente lavora su grosse panchine di pietra, dove incide con lo scalpellino le sue frasi, sulle quali i visitatori potevano sedersi, invitandoli al riposo e alla contemplazione. La sua serie “Under the rock” è stat presentata in parchi pubblici ma anche in diverse gallerie.

Negli anni ’90 il successo diventa mondiale. Utilizzando sempre più le nuove tecnologie, come i laser, proietta le sue frasi sui monumenti e utilizza una gamma espressiva adattata al luogo e al contesto: in Italia il suo progetto “Arno” prevedeva la proiezione dei suoi testi di notte lungo gli argini del fiume fiorentino, che si riflettevano sulle sue acque.Durante la guerra in Bosnia di quegli anni, fece scalpore la sua copertina della rivista del Suddeutsche Zeitung: la frase “Where woman die, I am wide awake” (dove le donne muoiono, io sono sveglia) scritta con inchiostro mescolato al sangue delle donne bosniache. La denuncia era anche sotto forma di tatuaggi sulla pelle di alcune donne che parlavano di stupri, diritti umani e delle donne in particolare.

Negli ultimi anni i lavori si susseguono senza sosta: l’arrivo della tecnologia dei LED fa sì che le sue opere appaiano sempre più numerose in giro per il mondo, e sempre più riconosciute ed apprezzate. La sua arte è un tipo di arte concettuale eppure comprensibile, e non è poco vista la diffidenza del pubblico vasto verso l’arte contemporanea.

approfondimenti

www.jennyholzer.com

Scrive di cinema, arte contemporanea e fotografia, ama il design e la storia, la filosofia e la politica. Dai film di Quentin Tarantino alle poesie di Doroty Parker, dai fumetti di Neil Gaiman ai libri di Umberto Eco, dalle opere di Damien Hirst alle analisi di Susan Sontag, ama contemporaneamente il passato e il futuro, mescolare l’alto col basso e divertendosi nel farlo. Ha capito due cose: quello che ricerca è il multiforme, e i “confini” non sono inviolabili.

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