Top

Le Leica di ghiaccio.
Un regalo di compleanno per i nostri 150 anni!

La scelta di una dedica ai 150 anni d’Italia è ricaduta sulle pagine di Ando Gilardi, dove nella prefazione al libro “Lo specchio della memoria” dedica il proprio lavoro agli alpini che, con le loro Leica, hanno sentito l’esigenza morale di scattare fotografie.

Io personalmente non ho mai letto una pagina di amore così grande che racchiuda il senso dello scattare fotografie e un inno d’amore ai ragazzi morti per creare un’Italia libera.

In un giorno di festa come questo, il nostro personale regalo è questa pagina, pubblicata per intero col consenso dell’autore. Se non avete letto il libro, andate a comprarlo, non ve ne pentirete.

Da: ”Lo specchio della memoria, fotografia spontanea dalla Shoah a Youtube” di Ando Gilardi, Bruno Mondadori.

“Chi scrive queste poche righe è solo un burocrate della fotografia.Ha già passato buona parte della sua vita cercando di restaurare, riprodurre e archiviare decine di migliaia di immagini fotografiche, oggi custodite nella Fototeca Storica Nazionale.

Puo’ testimoniare su questo: che le più importanti di quelle immagini, le più documentarie e decisive per conoscere la verità sulle vicende umane degli ultimi cent’anni, non hanno una firma. O se ce l’hanno, è quella di un fotografo amatore alla cui genuina, disinteressata e in certi momenti eroica “passione” noi siamo debitori di una presa di coscienza come quella che avviene sfogliando queste pagine.

Cos’è che spinge il non-professionista a fotografare? Questa domanda ha avuto molte risposte, perché diversi sono gli stimoli. Talvolta c’entra un poco di esibizionismo, talaltra è un mezzo per sfuggire alla noia. Ma la ragione vera, intima, primitiva è diversa: alzare o non alzare la macchina fotografica perché la verità si specchi in essa, indiscutibilmente, è una scelta morale.

Alcuni Alpini, per centinaia di chilometri, attraverso la steppa coperta di neve, quando ogni chilo in più diventa questione di vita, salvano tre cose: la gavetta dove sciogliere il ghiaccio per bere, l’arma per aprirsi la strada combattendo, la Leica. Di ghiaccio anch’essa. Ogni tanto si fermano: si tolgono i guanti, inquadrano, mettono a fuoco, schiacciano il pulsante. Fotografano. Una cosa da nulla? Una cosa immane: perché quel fagotto di stracci che hanno inquadrato è un loro compagno, in quel momento un fratello. Gli altri compagni che passano e guardano forse non capiscono: forse, diciamolo pure, disapprovano. Non sono “dilettanti”, non sanno. Il “dilettante” con quella Leica di ghiaccio che gli pesa in mano e sull’anima sta imparando invece proprio in quel momento la ragione profonda del fabbricare immagini ottiche, matematiche, indiscutibili: è l’unico modo che gli resta, ma è anche il migliore, per cuocere anche lì, in mezzo alla neve, il Pane della Verità, e per portarlo a casa, spezzarlo e distribuirlo a chi non vorrà credere, o crederebbe solo in parte, o avendo magari creduto è poi disposto a dimenticare.

Poche Leica di ghiaccio sono tornate dall’inferno del gelo. Poche, ma bastano a farci ricordare qui, con infinito rispetto e riconoscenza, altre Leica (chissà quante, chissà dove) rimaste ad arrugginire sotto la neve e poi sprofondate nel fango: fedeli utensili morti anch’essi, così come puo’ morire cosa viva, accanto al loro padrone.

A questi Fotografi Ignoti, a tutti coloro che, senza gloria e senza vantaggio, si fanno testimoni della vita quand’essa ci pesa addosso più amara della morte: che ancora in quel momento alzano la macchina fotografica come una bandiera e per nessun’ altra ragione che non sia un motivo di coscienza, un imperativo categorico morale, anche a costoro io vorrei che questo libro fosse dedicato”.

Ando Gilardi

www.fototeca-gilardi.com

Scrive di cinema, arte contemporanea e fotografia, ama il design e la storia, la filosofia e la politica. Dai film di Quentin Tarantino alle poesie di Doroty Parker, dai fumetti di Neil Gaiman ai libri di Umberto Eco, dalle opere di Damien Hirst alle analisi di Susan Sontag, ama contemporaneamente il passato e il futuro, mescolare l’alto col basso e divertendosi nel farlo. Ha capito due cose: quello che ricerca è il multiforme, e i “confini” non sono inviolabili.

Post a Comment