
Sono reduce dallo streaming della presentazione del nuovo motore di ricerca di Massimo Marchiori, Volunia quello che è stato definito l’anti-google.
Non entro nel merito del grado di innovazione e del tipo di impatto che questo prodotto avrà nelle nostre vite, tralascio perciò caratteristiche tecniche, similitudini con piattaforme esistenti ed evidenti problemi di privacy.
Ciò su cui vorrei soffermarmi è la confezione del prodotto, a partire dalla presentazione appena conclusa, fino al design della piattaforma e del logotipo.
La presentazione
Massimo Marchiori, quarantunenne matematico padovano, autore dell’algoritmo di Google e una delle menti più interessanti del panorama italiano, non ha propriamente il physique du rôle per una presentazione.
Che i KeyNote di Steve Jobs, con le sue pause teatrali e i suoi tempi televisivi, ci abbiano abituato a una qualità e a una spettacolarizzazione elevata delle presentazioni è un dato di fatto, ma la descrizione, quasi mono-tono di Marchiori, senza picchi, senza pause di suspance, ha quasi sedato la platea presente in sala e connessa in streaming.
Ogni tanto un velo di passione, prontamente smorzato dal suo autocontrollo, vivacizzavano la presentazione… ma non era abbastanza per coinvolgere la platea (ne è stata la conferma le stanche e inutili domande poste alla fine dell’intervento dal pubblico in sala).
La presentazione di un prodotto è la sua prima promozione: bisogna essere abili venditori già dalla prima fase per convincere il pubblico all’acquisto/all’uso.
In aggiunta: una sala universitaria che poco sa di innovazione; problemi tecnici (proiettore che non va, microfono per le domande dal pubblico assente); termini “italianizzati” e poco appealing (barretta, tavoletta, polli e galline); tutto sapeva troppo di stantio e improvvisato.
Troppo italiano (cit. Stanis La Rochelle)
E soprattutto l’italiano: se si vuole presentare un prodotto a livello mondiale, perché la presentazione è stata fatta in italiano, senza prevedere neanche in streaming una traduzione simultanea almeno in inglese?
La Comunicazione
Iniziamo con i colori: blu e arancio sono colori complementari che se accostati dannoun effetto di massimo contrasto. I due colori acquistano forza cromatica che sovente crea vibrazioni che ne rendano difficile la lettura. Una coppia cromatica discutibile, ma spesso usata in comunicazione, come per Libero Infostrada, Wind, ING Direct.
Già immagino problemi.
Il logo utilizza una font abbastanza caratterizzata e perciò ipoteticamente riconoscibile. Ma il segno grafico che la accompagna è decisamente scollegato sia esteticamente che come comunicazione.
Un tratto che somiglia a una “v” gestuale, è sormontato sulla punta a sinistra da un cerchietto e una seconda piccola curva, mentre sull’estremità di destra da un’altra piccola curva arancione.
A colpo d’occhio richiama la forma di un volto sorridente che strizza un’occhio a mo’ di ammiccamento. Un segno grafico con una riuscita poco felice, poco caratterizzato (e quindi facile da relegare nell’oblio della memoria), quasi infantile (la battuta sull’uso del Comic Sans nella presentazione potrebbe anche scaturire dall’aspetto “fumettoso” di questo segno) e soprattutto di dubbia comunicazione: la piattaforma è “user friendly”? è ammiccante?
Se una delle particolarità di Volunia è l’aspetto social della ricerca, quel volto stilizzato riesce a evidenziare questo valore?
Ora passiamo al naming, alla scelta del nome.
Volunia, un nome voluto per la sua sonorità prettamente italiana; un nome che nasce dalla radice di “volo” e “luna”; un nome che, ascoltato all’estero suona bene e ricorda la parola “voluptuous” voluttuoso.
Partendo da me, che digitavo (e digito) sempre “vulonia”, passando per “volumnia”, “vulvia”, “nuvenia” e altre perplessità decisamente comiche.
Ma terminare con “voluttuoso” mi fa pensare che una qualsiasi parola italiana non può far altro che richiamare un passato (non così distante) in cui l’Italia non faceva altro che ricordare scandali sessuali (e non la sua eccellenza nelle arti, ricerca e tecnologia).
Non me ne vanterei.
Terminiamo con l’interfaccia grafica del nuovo motore di ricerca, di cui sono stati fatti vedere alcuni screenshoot nel corso della presentazione.
Minimalismo assente; un sistema di barre che riempiono un terzo dello schermo; grafica e dettagli di un’interfaccia datata.
Da quel poco che si è visto sembrava di esser tornati graficamente indietro di 10 anni.
E se il principale competitor è Google, come sarà possibile mettere in paragone le due interfacce, quando Mr. G ci ha abituati al suo minimalismo estremo, e con il recente e acclamato restyling di tutte le sue piattaforme?
Purtroppo stiamo attraversando l’era dell’immagine e della comunicazione, e spesso il contenitore è importante quanto il contenuto stesso.
Il prodotto sembra promettente, o almeno stimolante alla discussione e al cambiamento del modo di operare una ricerca sul web, ma oggi si parla esclusivamente della cattiva impressione che questa presentazione ha lasciato su tutti.
Tant’è che su Twitter è stato coniato l’hashtag #voluniafail.
Cosa aggiungere. Ditemi voi.
~ Coco Chanel
Leon
D’accordo nel complesso su tutto. Un’osservazione sulla chiusura:
“Purtroppo stiamo attraversando l’era dell’immagine e della comunicazione, e spesso il contenitore è importante quanto il contenuto stesso”. Non è quello il punto. Il punto è che un prodotto di questo tipo dovrebbe avere un occhio all’interfaccia perché nel design dell’interfaccia ci sono le funzionalità. L’interfaccia è importante perché il prodotto stesso, visto che il modo con cui l’utente si rapporta ad esso. insomma non è solo questione di gusto, ma di usabilità. Aspetto di farmici un giro, ma per ora sembra davvero un grosso (ma pomposo) fail.
la strega
d’accordo su tutta la linea
arcureo
Chissà quando un grafico (o un creativo) si presenterà a Marchiori per curare l’aspetto visuale di Volunia, per renderlo un prodotto completo sotto ogni aspetto, invece di coniare hashtag e vergare sarcatisci commenti in giro per la rete…
Il primo che lo farà avrà tutta la mia stima… ma voglio proprio vedere quando succederà.
valentina cinelli
arcureo, in teoria un grafico (o creativo) dovrebbe essere presente già dall’inizio per curare l’aspetto visuale di Volunia, non “dopo” la presentazione ufficiale 🙂
Massimo
Allora non sono l’unico a cui il nome ricorda Nuvenia
la strega
@arcureo: ale, hai ragione, il sarcasmo alle volte non è utile ma il fatto che si siano “accontentati” di quella interfaccia e/o che non abbiano sentito l’esigenza di appoggiarsi a qualche professionista in fase di progettazione mi lascia alquanto perplessa
Alberto
Sono d’accordo con Valentina sugli aspetti “estetici” della faccenda. Non ho visto la presentazione, e quindi non mi esprimo sugli aspetti tecnici. Certo pero’ che un progetto del genere *deve* partire bene anche sul piano estetico – che poi non e’ molto distante da quello dell’usabilita’.
Enrico
Mah… Vorrei *prima di tutto* provare il motore di ricerca, poi (forse) si potrebbe parlare di estetica. Personalmente ritengo che le cose debbano fare ciò per cui sono state create. La questione dell’estetica e le paranoie sui loghi sono, appunto, paranoie.
2cents
Ho anche paura però del fatto che si sia anche peccato di presunzione un po’ su tutta la linea con questo prodotto.
Non mi pare che sia stata fatta un’indagine di quello che gli utenti volessero (vedere i siti come case: ne avevamo veramente bisogno?).
La grafica, un po’ come tutto il resto, non è stata trascurata perchè non avevano grafici a disposizione (probabilmente) ma perchè hanno detto “va bene così perchè noi siamo all’università e così funziona bene”.
Hanno fatto test di usabilità? Avevano esperti di usabilità? Speriamo di no, altrimenti gli esperti devono un po’ rivedere il lavoro.
Poi mi dispiace ma tutta la parabola delle galline, di gabbie di “web 2.0 che è il web sociale” (che non è assolutamente vero) e “funziona su tutte le tavolette” ai miei occhi è un sintomo si essere davvero lontani da quello che è il mercato dei prodotti web e della cultura (come piace chiamarla qui in Italia) digitale.
2cents
Hai mai usato una bicicletta a forma di caffettiera?
saurospagnol
brillante matematico, mi dicono, ci credo, cervello rientrato, pure.
Un ingegnere è però e tale rimane. Limitato e incapace di avere cultura del progetto o di affiancarsi a persona che si preoccupi – anche – di dove e come fare il keynote speech. Tutti i limiti dell’approccio a un progetto, il ragionare a compartimenti stagni, è lampante nella presentazione della mattinata. Bastava copiare, ahimé dico, bastava tentare di scimmiottare il peggior keynote anglosassone degli ultimi 10 anni, bastava fermarsi un attimo e guardarsi da fuori con un po’ di umiltà per riuscire a rendersi conto che UX e GUI non sono accessori. Neppure un keynote lo è.
Magari è un buon progetto, magari è un’idea innovativa, magari funziona pure, ma non è sufficiente.
Alessandro
Per quanto riguarda la presentazione, posso capire (capisco ma non condivido) il voler sottolineare l’ambiente galileiano della prestigiosa università di padova (la mia città) con un atmosfera austera e a modo suo affscinante, ma certe scelte, in particolar modo il fatto di aver gestito la presentazione in lingua italiana, con strumenti tecnici inadeguati (slide in stile powerpoint e proiettore forse sono adeguati alla presentazione della tesina di maturità, non ad un progetto che ha velleità internazionali) sono errori assolutamente inconcepibili. Da designer creativo, per di più diplomato alla scuola design di Padova, mi domando come possano non aver pensato all’importanza di queste cose per la buona riuscita complessiva del progetto. Nello specifico concordo con valentina cinelli, molta troppa superficialità nella progettazione grafica del progetto, in particolare dell’interfaccia. Abbiamo una prestigiosa scuola di design a padova… troppo complicato chiedere un aiutino? Forse, ancora una volta, le buone idee di volunia (ho scritto bene vero?!??!??!) faranno poi il successo di qualcun’altro… come ha già fatto in passato google con l’algoritmo del sig.Marchiori…
Pagliaccio
se volunia avesse avuto una presentazione come il nokia lumia? un intero palazzo a londra usato come parete per proiettare uno spot? non si sarebbe detto che hanno voluto pompare un articolo che tutto sommato non è un granchè? (come il nokia lumia… xD) cioè tutto il contrario di questo articolo ma sempre pietre in faccia?
invece hanno scelto un basso profilo perchè il motore ha destato più curiosità del previsto, e loro non erano preparati a tutto questo.
Mario Profili
ma soffermarsi sul contenuto no ?
jiiink
Soffermarsi sul contenuto, dice qualcuno; purtroppo o per fortuna c’è ancora troppo poco da analizzare per dare dei giudizi che non siano affrettati; sull’involucro invece pienamente daccordo con l’autrice.
Ci vuole forma per dare appeal alla sostanza.
Metti un motore a reazione sotto una Lada, quasi tutti vedranno sempre la penosa carrozzeria e pochi si soffermeranno ad alzare il cofano e vedere cosa c’è sotto.
saurospagnol
non è che si deve scegliere tra lumia e il Bo, basta un po’ di coerenza e adeguatezza. Nella forma e nella sostanza.
saurospagnol
[…]Graphic design (leggi GUI o UX o semplicemente design) has been likened to a wine glass. When we drink wine we barely notice the glass it’s served in. It wouldn’t be true to say that we don’t care what glass we drink out of – we wouldn’t choose to drink a rare vintage out of a Tupperware mug, for example – but it’s the wine that matters, not the vessel it comes in.[…]
— ADRIAN SHAUGHNESSY
Ora, vero quindi che è il contenuto importante. Ma per capirlo e assaporarlo al meglio la forma aiuta, talvolta è fondamentale, sempre se nasce per seguire una funzione. User Interface Design, infatti.
Mario Profili
Parlo di contenuto perché questo post mi sembra solo un processo alle intenzioni.
La eventuale potenzialità di volunia non è in una presentazione ingenua e sicuramente migliorabile, ma nella connessione fra ricerca web e utenza social, affatto diversa da cose esistenti tipo pinterest.
E questo mi sarebbe piaciuto leggere da beta tester qualificati.
La forma si migliora, ma senza sostanza la forma è fine a sé stessa.
michele
unA font?!
valentina cinelli
e meno male che ho scritto la premessa “Non entro nel merito del grado di innovazione e del tipo di impatto che questo prodotto avrà nelle nostre vite […]
Ciò su cui vorrei soffermarmi è la confezione del prodotto, a partire dalla presentazione appena conclusa, fino al design della piattaforma e del logotipo.”
queste considerazioni le lascio ai tecnici, ai sociologi e ai beta tester.
qui ho solo voluto evidenziare alcuni errori di comunicazione (dato che qui tratto quasi esclusivamente questo argomento).
nessuno ha messo in dubbio la validità del progetto, e quindi non vedo questo fantomatico “processo alle intenzioni” 🙂
valentina cinelli
eh, lo so che la lingua italiana definisce “font” come sostantivo maschile, ma ci sono correnti di pensiero diverse 🙂
sei un correttore di bozze per caso? 😉
Mario Profili
Valentina, non capisco come tu possa parlare di “confezione” del prodotto riferendoti solo alla presentazione e al logo.
Lo capirei se, per l’appunto, parlassi della UX (per quello mi riferivo al beta-testing), ma dato che parli non dell’involucro, ma del fiocchetto posto sopra di esso …
saurospagnol
Brava Vale. Concordo.
Sempre sii scinde contenitore e contenuto, errore. Non devono essere due cose distinte, dobbiamo imparare.
saurospagnol
font, a dire il vero, sarebbe più corretto al femminile, perlomeno nell’etimologia 🙂
Mario Profili
comunque, fiocchetto o no, volunia promette male … http://www.pandemia.info/2012/02/07/volunia-bocciato-alla-prova-su-strada.html
valentina cinelli
anche presentazione e logo fanno parte della comunicazione.
anche il fiocchetto fa parte della confezione.
Mario Profili
anche. ma non solo. e il fiocchetto si cambia (per fortuna, aggiungerei)
michele
Veramente è neutro, quindi andrebbe al maschile in italiano.
Era solo perché per tante parole in gergo “si usa” il femminile, ma font non l’avevo mai sentito usato come femminile 🙂
Ad ogni modo, sono completamente d’accordo con il contenuto dell’articolo! Su rieducational channel!
Splashboom
Se un prodotto vuole essere preso in considerazione solo per il contenuto (come è giusto che sia, dopotutto) meglio non spettacolarizzarlo. Io penso abbiano fatto bene a presentarlo in quel modo. Anzi, trovo auspicabile che aziende anche importanti decidano di tenere un basso profilo. Non tutto è marketing, e non tutto il marketing andrebbe fatto puntando sull’immagine.