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Una fotografia non è necessariamente una menzogna, ma allo stesso tempo non è certo la verità. In ricordo di Martine Franck

È scomparsa il 16 agosto Martine Franck, fotografa e seconda moglie di Henri Cartier-Bresson.

Testimone accanto al marito di eventi e luoghi altrimenti perduti, Martine aveva uno sguardo che pochi al mondo possono vantare.

Amava abbattere il muro e la distanza che si crea tra fotografo e soggetto, immergendosi nell’altro fino quasi a perdersi: “La macchina fotografica è in sé una frontiera, un tipo di barriera che bisogna costantemente abbattere per potersi avvicinare in questo modo il più possibile al soggetto. Facendo questo, si rischia di oltrepassare i limiti; c’è un senso di rischio, di andare oltre, di diventare eccessivo, di voler essere invisibili.
Passando dall’altra parte, puoi ritrovarti di là se ti dimentichi momentaneamente chi sei, se cerchi di essere il più ricettivo possibile verso gli altri; è quindi evidente che, essendo fotografia, io sono costantemente allo stesso tempo nei due mondi: questo è tutto quel che posso dire veramente di ciò che sento quando fotografo – il resto rimane nel dominio dell’inconscio”
ma riuscendo a riemergere dall’inconscio di fronte ai provini ed alla scelta della foto.

Ecco l’emozione di scattare senza troppo preavviso. In maniera intuitiva, si afferra l’immagine e un istante dopo, la composizione perfetta si dissolve e scompare definitivamente. Solo rivedendo i provini si capisce come la scena si sviluppò nel tempo, che è poi la ragione per cui i provini sono una fonte infinita di fascino per tutti gli appassionati di fotografia.

 

Co-fondatrice e presidente della fondazione dedicata al marito, membro dell’agenzia Vu, tra le promotrici, nel 1972, dell’agenzia Viva e parte integrante della Magnum dal 1983, ha iniziato a lavorare nel mondo della fotografia realizzando servizi per Time-Life e ha incontrato Bresson per la prima volta nel 1966 a Parigi, mentre lavorava per il New York Times.

Galeotta tra loro fu la fotografia: dopo il primo incontro Bresson la chiamò chiedendole di vedere i suoi provini a contatto, ha raccontato in una intervista al Times nel 2000.

Tra gli artefici dell’uscita editoriale del famoso Scrap Book, Martine Franck è stata custode delle immagini del marito. Ma ha continuato a fotografare incessantemente.

 

Del 1996 le famose immagini del giovane lama e del suo maestro alle prese con un piccione volato sulla testa calva del maestro: “ovviamente scoppiammo tutti a ridere. La situazione dura solo qualche secondo, ma io sono nel posto giusto al momento giusto. So di avere un obiettivo 35mm montato su una delle mie due Leica e afferro quella giusta. Sapevo di aver scattato una fotografia memorabile, ma ho dovuto attendere tre settimane prima fi tornare a Parigi e sviluppare pellicola e provini. E’ un sollievo vedere che l’immagine non è sfocata e che l’esposizione è corretta. Da allora, questo ritratto è diventato una delle mie foto più celebri” ha raccontato a proposito dell’immagine.

Come il marito è scomparsa d’agosto, lasciando, come lui, un’impronta indelebile e un lavoro inestimabile.

Una fotografia non è necessariamente una menzogna, ma allo stesso tempo non è certo la verità. Si tratta più che altro di un’impressione, soggettiva e fugace. Quel che mi piace della fotografia è il momento preciso che non può essere anticipato; bisogna stare sempre all’erta, pronti ad afferrare l’inatteso

 

Approfondimenti

Magnum – magnumphotos.com

 

Scrive di cinema, arte contemporanea e fotografia, ama il design e la storia, la filosofia e la politica. Dai film di Quentin Tarantino alle poesie di Doroty Parker, dai fumetti di Neil Gaiman ai libri di Umberto Eco, dalle opere di Damien Hirst alle analisi di Susan Sontag, ama contemporaneamente il passato e il futuro, mescolare l’alto col basso e divertendosi nel farlo. Ha capito due cose: quello che ricerca è il multiforme, e i “confini” non sono inviolabili.

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