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Horacio Coppola, il padre della fotografia argentina

Horacio Coppola, figlio di immigrati genovesi, padre della fotografia argentina: le sue fotografie si trovano in tutti i maggiori musei del mondo. E’ scomparso in questi giorni all’età di 105 anni.

Marito di Grete Stern, altra fotografa, studiò presso la scuola di fotografia della Bauhaus, negli anni ’30, anni durante i quali acquistò la sua prima Leica, conobbe la futura moglie e girò Traum, film di Walter Auerbach. Era amico intimo dello scrittore Jorge Louis Borges, per il quale realizzò le illustrazione del libro Evaristo Carriego. Fondò, nel 1929, il primo Cine Club di Buenos Aires, di cui fu anche presidente.

Le sue immagini raccontano di strade pullulanti di persone, tagliate dalle luci, in un bianco e nero impeccabile e dalla costruzione strutturalista: il suo libro Buenos Aires 1936 è un insieme di queste foto, dalle prospettive diverse e caratterizzate da una particolare gioia contagiosa. La vita quotidiana delle città argentine rende vive le immagini, frutto di scelte lunghe e pensate. L’attimo, nel caso della sua ricerca, è solo quello dello scatto, e il vero lavoro del fotografo argentino si è concentrato nello studio e preparazione delle scene. Il tempo faceva la scelta, il momento giusto era un insieme di visione, caso e pazienza. Nessun momento decisivo, pochissima fretta. E i tagli della luce che diventano quasi soggetti stessi delle foto sono lì, a dimostrare la fondatezza del suo lavoro. Suo il ritratto a Chagall che l’artista francese considerava il migliore. La prospettiva di ripresa scelta era spesso diversa da quella “normale”: le foto più interessanti si trovano tra quelle riprese dall’alto o dal basso.

Gli anni trascorsi non hanno appannato le sue immagini, che rimangono lì, a testimonianza dell’amore per l’Argentina e la sua vita culturale, frizzante e multietnica almeno fino agli anni ’40 del secolo scorso.

 

Scrive di cinema, arte contemporanea e fotografia, ama il design e la storia, la filosofia e la politica. Dai film di Quentin Tarantino alle poesie di Doroty Parker, dai fumetti di Neil Gaiman ai libri di Umberto Eco, dalle opere di Damien Hirst alle analisi di Susan Sontag, ama contemporaneamente il passato e il futuro, mescolare l’alto col basso e divertendosi nel farlo. Ha capito due cose: quello che ricerca è il multiforme, e i “confini” non sono inviolabili.

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